La sua storia iniziò nel 1926 quando il Comune di Trapani, precisamente il 31 luglio, cedette gratuitamente al signor Giuseppe Serraino Vulpitta – nato a Trapani nel 1861 – un’aria di 31.549 mq con l’obbligo di costruire, a sue spese, un tubercolosario, che venne intitolato alla memoria della sorella, Maria, morta proprio di tubercolosi. Purtroppo il fondatore non potè vedere il compimento della sua opera ,in quanto morì nel 1927 mentre l’istituto fu inaugurato nel 1931.
Appena costruito, l’istituto divenne immediatamente un ricovero per tanti trapanesi ammalati di tubercolosi, affiancato dal Dispensario Antitubercolare di via Spalti , il quale fungeva da ambulatorio, e fino a qualche hanno fa ,venivano effettuate le radiografie ai polmoni per i ragazzi delle medie e per gli adulti per il libretto di lavoro.
Ed è proprio per loro che vennero fatte le verande così grandi, proprio come lo sono adesso: nelle giornate di sole, infatti, i letti venivano portati fuori. Il sole, ovviamente, non era diretto. Nei pilastri, infatti, vi erano applicati dei ferri che servivano per tenere ben tese delle tende telate, in modo da creare calore e aria pulita da respirare. Al momento della morte, avvenuta nell’ottobre del 1927, Serraino Vulpitta lasciò tutte le sue proprietà – tra cui capannoni ed ex stabilimenti di lavoro nell’odierna Piazza Giangiacomo Ciaccio Montalto, ivi compreso il parcheggio multipiano del comune – al tubercolosario che ospitò tantissimi ammalati – fino al 1965 quando, finalmente, la tubercolosi era vinta.
Negli anni le sue funzioni furono diverse: fu un cronicario, una casa di riposo ma anche un’accoglienza per i migranti. E negli anni, nonostante l’abbandono fosse spesso percettibile, non ha mai smesso di essere un pezzo di storia grazie, anche, agli ospiti della casa di cura che raccontavano, con passione, la storia della città. E, a volte, erano gli stessi ospiti ad essere dei pezzi importanti della nostra città. Lo era, ad esempio, Domenico Li Muli, per anni ospite della casa di cura. Li Muli fu senza dubbio l’artista più noto della nostra città negli anni del dopoguerra. Caposcuola di una componente artistica che si era inserita nel tessuto sociale delle correnti artistiche più avanzate, costruì la fontana del Tritone, che rimane una delle sue opere più note. È, quindi, indiscutibile l’importanza della struttura per la città.